Dal Giappone all’Italia: La Rinascita del Teiseimaishu, il Sake Autentico
Dal Giappone all’Italia: La Rinascita del Teiseimaishu, il Sake Autentico
Introduzione
Hai sempre pensato che più il riso è raffinato, migliore sia il sake?
Beh, è il momento di ribaltare questa convinzione. Nel mondo del sake, infatti, sta tornando alla ribalta una categoria affascinante e antica: il Teiseimaishu (低精米酒), ovvero il sake a basso grado di raffinazione.
Negli anni ’80 e ’90 dominavano i sake super raffinati come i Daiginjo: eleganti, aromatici, con un sapore pulito che conquistava al primo sorso. In quel periodo, il sake tradizionale era percepito come una bevanda “vecchio stile”, superata, quasi fuori moda. Per questo i Ginjo e i Daiginjo furono un enorme successo, portando il sake a una nuova era di popolarità.
Oggi però, sempre più produttori e appassionati stanno riscoprendo il valore di sake che lasciano intatta l’anima del chicco di riso. Complessità, acidità, umami e persino un pizzico di rusticità: ecco il nuovo linguaggio del gusto.
Che cos’è il Teiseimaishu?
La parola Teiseimaishu (低精米酒) si traduce letteralmente come “sake a basso grado di levigatura”. In altre parole, si tratta di sake prodotti con un Seimai Buai (精米歩合) alto, tipicamente 80% o superiore.
Ma cosa significa Seimai Buai?
È il termine tecnico che indica la percentuale del chicco di riso rimasto dopo la levigatura.
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Se il riso ha un Seimai Buai del 50%, significa che metà del chicco è stata eliminata, lasciando solo il nucleo centrale.
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Se invece il Seimai Buai è 80% o 90%, significa che il riso è stato appena levigato e conserva gran parte delle sue componenti originali: proteine, lipidi, minerali, oltre all’amido.
In passato si pensava che meno riso rimaneva, più “puro” fosse il sake. Ma oggi molti produttori e intenditori sostengono che un chicco quasi integro racconti una storia più complessa e autentica.
Dal boom dei Daiginjo al ritorno alle radici
Per capire il successo attuale del Teiseimaishu bisogna fare un salto indietro nel tempo.
Negli anni ’80 e ’90, durante il boom economico giapponese, i sake più prestigiosi erano quelli con altissima levigatura: Ginjo e Daiginjo. Questi sake, raffinati fino al 50% o meno, conquistarono con i loro aromi eleganti e il sapore pulito, completamente diversi dal sake più “rustico” che per secoli si era bevuto nelle case e nei templi.
In un Giappone che guardava al futuro, i Ginjo e Daiginjo rappresentavano modernità e raffinatezza. Non sorprende quindi che abbiano avuto un successo enorme, anche all’estero, dando al sake un’immagine nuova e più glamour.
Ma col tempo è emerso un limite: questa estrema finezza rischiava di togliere al sake parte del suo carattere. Molti appassionati hanno iniziato a sentire nostalgia di sapori più robusti, complessi, legati al territorio e al riso stesso.
Ecco allora il ritorno alle origini: i sake a basso polishing, che rivelano tutta la ricchezza nascosta nel chicco.
Perché il Teiseimaishu sta tornando di moda?
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Gusto autentico e complesso
Conservando proteine e nutrienti del riso, questi sake offrono aromi più profondi, acidità vivace e un corpo strutturato. -
Rispetto della tradizione
Il sake “rustico” era lo standard per secoli. Il Teiseimaishu non è una moda, ma un recupero della memoria. -
Sostenibilità
Più si raffina il riso, più chicchi vengono “sprecati”. Con un Seimai Buai alto (80-90%), da ogni raccolto si produce molto più sake. È un approccio etico e in linea con i valori contemporanei. -
Consumatori più curiosi
Oggi chi beve sake non cerca solo bevande “facili” e profumate, ma vuole scoprire complessità, autenticità e varietà di stili.
L’esperienza sensoriale del Teiseimaishu
Il Teiseimaishu non è “facile” come un Daiginjo, ma è proprio qui che sta il suo fascino.
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Aromi: più intensi, con note di cereale, frutta secca, talvolta yogurt o acidità lattica.
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Struttura: piena, con corpo e profondità.
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Umami: marcato, perfetto per esaltare piatti saporiti.
Un sake a basso polishing può essere servito in modi diversi:
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Fresco, per sottolinearne la vitalità.
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A temperatura ambiente, per esprimere equilibrio.
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Persino riscaldato, per accentuarne l’umami e la rotondità.
E quando si parla di abbinamenti, il Teiseimaishu è sorprendente: ottimo con cucina giapponese tradizionale, ma anche con piatti italiani come brasati, formaggi stagionati, funghi e piatti a base di carne bianca.
Tre esempi di Teiseimaishu da scoprire
Per rendere più concreto questo viaggio, ecco tre sake che incarnano perfettamente lo spirito del Teiseimaishu.
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🍶 Suginishiki Yasohachi (88%)
Un Kimoto deciso e complesso, ricco di umami e con un finale secco. Perfetto a temperatura ambiente o leggermente caldo.
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(importato direttamente da Nippo Sakaya) -
🍶 Ho no Ho (90%)
Fresco, leggero, facilissimo da bere, pur mantenendo il sapore autentico del riso. Da servire freddo.
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(importato direttamente da Nippo Sakaya) -
🍶 Tsuchida Shin Tsuchida
La “wild card”: aromatico, stratificato, con un accenno di dolcezza che lo rende unico.
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Tre sake, tre personalità, un solo messaggio: il sake non è mai tutto uguale.
Uno sguardo al futuro del sake in Italia
In Italia l’interesse per il sake cresce di anno in anno. Sempre più consumatori scoprono che non si tratta solo della bevanda servita nei ristoranti giapponesi, ma di un mondo ricco di sfumature.
Il Teiseimaishu ha il potere di sorprendere il palato italiano perché richiama valori già familiari: autenticità, rispetto della materia prima, legame con la tradizione. È il tipo di sake che racconta una storia, proprio come fanno i vini naturali o artigianali.
E allora, perché non lasciarsi guidare da questa riscoperta? Una bottiglia di Teiseimaishu non è solo da bere: è un viaggio dentro il chicco di riso, nella storia del Giappone e nella cultura di chi oggi sceglie di recuperare le radici.
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