Sake Bodaimoto: un ritorno alle origini con il Suginishiki Bodaimoto

15 set 2025

Immaginate un metodo di produzione del sake vecchio di oltre cinque secoli, nato tra le mura di un tempio buddista, e che oggi torna a vivere grazie a pochi produttori appassionati. Questo è il Bodaimoto 菩提酛, il più antico sistema conosciuto per creare lo shubo 酒母 (lo starter della fermentazione del sake) in Giappone.

Origini nel tempio Shōryaku-ji

Il Bodaimoto nasce a Nara, al tempio Shōryaku-ji 正暦寺, durante il periodo Muromachi 室町 (1336–1573). I monaci buddisti  furono pionieri nella produzione di sake e svilupparono questo metodo per risolvere un problema fondamentale: come garantire una fermentazione sicura e stabile in un’epoca senza conoscenze microbiologiche moderne.

L’idea era geniale nella sua semplicità. Attraverso la creazione di un’acqua acidificata naturalmente, i monaci riuscirono a prevenire la proliferazione di batteri indesiderati e a favorire una fermentazione sana. Questa intuizione ha reso possibile la nascita di un processo controllato, in grado di funzionare anche in climi caldi, e quindi la produzione di sake durante tutto l’anno.

Il funzionamento: soyashi-mizu

Il cuore del Bodaimoto è la soyashi-mizu そやし水, un’acqua resa acida in modo naturale. Per ottenerla, si mettono in ammollo riso cotto e riso crudo per due o tre giorni. In questo tempo si sviluppa una fermentazione lattica spontanea, che abbassa il pH dell’acqua e la rende sicura contro i batteri indesiderati.

Dopo questa fase, il riso crudo viene cotto a vapore e unito di nuovo alla soyashi-mizu, al riso kōji (riso inoculato con il fungo, che produce enzimi capaci di trasformare l’amido in zuccheri). Da qui nasce lo shubo, ovvero lo starter che darà il via alla fermentazione principale del sake.

Dall’oblio alla riscoperta

Per secoli il Bodaimoto fu centrale, ma con l’arrivo di metodi più moderni — come il Sokujo-moto, introdotto nel XX secolo con acido lattico aggiunto — la tecnica andò quasi dimenticata. Solo pochi produttori hanno continuato a mantenerla viva, spesso più per preservare la storia che per motivi commerciali.

Negli ultimi anni, però, il Bodaimoto ha vissuto una piccola rinascita. Consumatori curiosi e sakagura artigianali hanno riscoperto il suo valore: non solo come patrimonio storico, ma come metodo capace di dare vita a sake dal profilo distintivo e attuale.

Il profilo gustativo

Il Bodaimoto produce sake con acidità ben presente e ricchezza di umami. Questo non significa che siano "difficili" da bere — al contrario, spesso risultano sorprendentemente scorrevoli ed equilibrati. L’acidità conferisce freschezza e vivacità, mentre l’umami dona profondità senza appesantire.

Un Bodaimoto ben fatto, come il Suginishiki, è un sake che invoglia al sorso successivo e che si esprime al meglio servito fresco, dove emergono aromi e vivacità.

Abbinamenti gastronomici

La combinazione di acidità e umami rende il Bodaimoto ideale con piatti sostanziosi, capaci di sostenere il suo carattere. Alcuni abbinamenti consigliati:

  • saba (sgombro), grazie alla sua grassezza naturale;

  • kakuni, lo stufato di pancetta brasata tipico giapponese;

  • porchetta, un classico della cucina italiana;

  • formaggi erborinati, dove l’acidità del sake bilancia la ricchezza del formaggio;

  • cacio e pepe, il mio preferito, perché la freschezza del sake esalta il pepe e alleggerisce il piatto.

Questi abbinamenti mostrano come un metodo antico possa dialogare con cucine diverse, dal Giappone all’Italia.

Suginishiki Bodaimoto

Tra i pochi sake prodotti ancora con questo metodo, il Suginishiki Bodaimoto è un esempio perfetto di come il passato possa tornare a parlare al presente. Il suo profilo combina acidità vivace, umami profondo e delicati aromi fruttati che sorprende chi si aspetta un sake “rustico”.

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Bere questo sake significa fare un viaggio nella storia giapponese, ma con un bicchiere che resta attuale e piacevole anche per chi si avvicina al nihonshu per la prima volta.

In sintesi

Il Bodaimoto è il più antico metodo di produrre un Sake Starter, nato oltre 500 anni fa al tempio Shōryaku-ji di Nara. Grazie alla soyashi-mizu e alla fermentazione lattica naturale, ha permesso ai monaci di produrre sake anche al di fuori dei mesi invernali. Dopo un periodo in cui era quasi scomparso, oggi è stato riscoperto da produttori e appassionati.

Il risultato è un sake con acidità vivace e umami profondo, capace di accompagnare piatti ricchi come saba, porchetta o formaggi erborinati, ma sempre facile da bere e meglio gustato freddo. Con il Suginishiki Bodaimoto, potete scoprire questa antica tecnica in prima persona: un sorso di storia che continua a stupire per freschezza ed eleganza


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